giovedì 14 febbraio 2013

U.C.A.S. (Ufficio Complicazione Affari Semplici)

Stamattina ho portato la piccola al nido dove mi hanno regalato un momento di sana, cinica ilarità.
Hanno migliorato (dicono) le procedure antincendio sollecitati da una logica e inattaccabile osservazione di un’educatrice: la classe dei lattanti ha l’uscita sul giardino ma ci sono tre scalini…possiamo trovare una soluzione più comoda (in caso di fuga ovviamente)? Lei voleva semplificare, non aveva idea di cosa avrebbe generato la sua domanda.
Un bravo funzionario ha raccolto la sfida, è tornato alla sua scrivania dove…“mumble mumble”…ha avuto un’idea geniale (forse) che ha però un’applicazione molto comica: un’Arca.
Nell’atrio della scuola da oggi c’è un’Arca…a rotelle. Resta nell’atrio perché in classe sarebbe un moloch senza senso che porta via spazio ai bambini. In caso di incendio le educatrici della classe dei lattanti devono: andare nell’atrio (pur avendo l’accesso al giardino), prendere l’Arca, portarla in classe aprendo tutte e due le ante (perché ovviamente è più larga delle porte). Inserire nell’Arca 24 lattanti di cui un tot di 3 mesi (alcuni seduti nel centro, i "grandi" in piedi), riportare l’Arca nell’atrio e da lì uscire dalla porta principale che ha la rampa.
Non ho resistito durante la spiegazione - alla maniera di Ally Mc Beal - di immaginare un film parallelo tragicomico: l’incendio che incombe, l’ansia di mettere in salvo i bebè (molti erano nei dondolini o nei seggiolini da pranzo…già davanti alla porta del giardino sigh), la fretta di mettere tutti i bambini nell’Arca per cui i poveri fagottini vengono lanciati per fare in fretta (perché hanno già perso un sacco di tempo nelle manovre preparatorie). Le educatrici che fendono le fiamme come John McClane in Trappola di Cristallo e raggiungono la rampa esterna spingendo l’Arca che come un gommone spinto dalle onde del mare dondola pericolosamente pieno di bebè ormai accatastati sul fondo.
E mentre tragicamente ridevo immaginando la maestra C minuta ballerina funky spingere un barcone di micro profughi, mi sono trovata a pensare a tutti quelli che, raggiunto un livello che ritengono di potere, pretendono l’applicazione di regole bizzarre. A chi riesce a complicare anche l’evacuazione di una stanza che ha un’uscita diretta verso l’esterno. La povera educatrice responsabile dell’osservazione sui gradini era mortificata perché il suo pensiero è stato travisato con un esito decisamente complesso. Lei pensava a una rampetta per ovviare ai tre scalini dell’uscita e forse un carrello sì, ma proprio un carrello, non un’Arca gigante e vagante.
Spesso mi è capitato di trovarmi difronte a bizzarrie decisionali, poco funzionali e contorte. In un percorso per cui la linea retta più corta per arrivare da A a B è quella che passa da Q. Perché? A Milano ci sono strade che si stringono fino a diventare vicoli, marciapiedi che si allargano fino a diventare boulevard, un parcheggio in salita che sbuca in mezzo a una pista ciclabile, piste ciclabili che iniziano nel nulla e finiscono nel nulla. Rotonde così larghe che quasi non rimane più la strada, biglietti diversi per l’andata e il ritorno sulla stessa tratta della metro.
Fino a stamattina l’asilo nido era un’isola felice fatta di grandissime persone che lo gestivano con intelligenza e grandi intuizioni, cuore e preparazione, che hanno sempre nascosto dietro un sorriso processi forse complicati da capire per chi è fuori dal giro. Anche loro da oggi hanno il loro monumento alla bizzarria che purtroppo non possono nascondere.
Prego il cielo che quest’Arca non debba mai servire, ma sorrido molto nel pensare alla soddisfazione che il funzionario deve aver provato nel vederla arrivare tutta colorata di rosa e giallo, con le rotellone giganti, a forma di grande barca, proprio come l’aveva pensata.
Senza però vederla davvero per quello che è: ingombrante.

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