mercoledì 28 gennaio 2015

Mamma o Mamme?

MAMMA è la più bella parola del mondo, in tutte le lingue. Ha un sapore rotondo, un significato profondo, un carico di emozioni uguali e contrarie, tutte esasperate.

MAMME non è il plurale di mamma, è il nome collettivo di un branco di donne assatanate e competitive, in perenne e costante polemica con il mondo: le maestre, il pediatra, l’amica, la vicina, il sindaco, l’assessore, il premier, il papa, il marito della sorella, la cugina di mia nonna.

E quindi mi attanaglia una domanda: “le mamme” – il branco – fanno bene o fanno danni?

La domanda è ovviamente provocatoria ma non troppo. Va da sé che la mamma (singolare) fa e vuole e spera, sogna, cerca e combatte solo e soltanto per il bene di suo figlio (magari in modo patologico, ossessivo e oppressivo e autoritario, cosa che lei non sa e scoprirà quando il pargolo andrà a coltivare banane nella tundra in una capanna senza telefono, abbandonando gli studi in quel collegio esclusivo dove lei si era iscritta con lui)!

Alcuni ultimi accadimenti e la prospettiva del doppio cambio da nido/materna a materna/elementare, in un mondo super connesso e competitivo, hanno suscitato domande epocali:

Qual è il limite tra fare del bene o soffocare i figli? Tra essere informata e intromettersi, tra sapere e controllare, tra essere mamma ed essere una-delle-mamme?

Senza voler fare un’analisi di pedagogia e men che meno del lato oscuro della Forza mammesca, né scadere in un'analisi dello stato della mia Forza, ho concluso quanto segue:

  • Non so cosa succede ogni singolo giorno nelle loro classi: se hanno freddo o caldo, se le maestre aprono le finestre o meno, se si lavano i denti dopo pranzo o le mani prima di pranzo, se mettono le scarpe sul divanetto della classe, se dormono con la coperta o senza, non so quanti soldi ha la cassa, non so per cosa li spendono. A ognuno il suo lavoro: ho delegato alla rappresentante di classe e e a insegnanti che hanno ripagato la mia fiducia e questo mi basta. Se e quando ci saranno delle motivazioni (di contenuto) allora penserò se e come intervenire
  • Non leggo il menù delle scuole e non cucino come da suggerimenti (non ho motivi clinici per farlo per fortuna), atteso che non mangiano junk food e non bevono oransoda tutti i giorni, ho la coscienza a posto. Ho delegato il controllo alla commissione mensa e mi fido
  • Non conosco i nomi di tutti i compagni di classe, delle loro mamme e dei loro papà, il lavoro che fanno e dove abitano, dove vanno in vacanza e se hanno la colf. Non sopporto i messaggini serali nel gruppo classe su whatsapp: "buonanotte mamme, tutte insieme siamo fortissime", nè ringrazio la rappresentante perchè manda un avviso: siamo in 24, se tutti ringraziano è la fine (chi ha 5 figli con 25 bambini per classe riceve mediamente - per aver saputo che mangiano il minestrone - 100 messaggi "grazie mille" (con faccine)! A Milano si dice "Anche no"! 
  • Lavoro full time, delego i nanidagiardino e sono molto serena. Ci sarà un tempo in cui dovrò cambiare i miei orari ma non è questo il momento. Sono affidati ai nonni e a una supertata che è un incrocio tra un supereroe e tatalucia. Dormo tra due guanciali e così il mio capo
  • Sono decisionista e spesso sembro un carroarmato. Lo spazio per il dibattito è quello consentito a dei bambini non in età pre-scolare: vedere Peppa Pig o Superman
  • Non lascio ai miei nanidagiardino la responsabilità di decidere come organizzare spazio e tempo (la tata, la nanna, la tv, gli inviti a cena, il menù). Ci sarà un tempo per ogni cosa. Oggi alla loro età voglio che gestiscano solo ciò che possono portare fino a termine: vestirsi da soli, affrancarsi (e ovviamente affrancarmi) dall'accudimento spinto
A occhio e croce sono dannosa per indifferenza.

Le mamme (plurale), in branco, diventano interventiste polemiche e impiccione, soffocano figli, mariti, maestre e pediatri. Se poi il branco incontra la tecnologia social è la fine di tutto: la condivisione diventa religione, il gruppo classe un reality aggiornato in tempo reale.

La scuola si avvicina e io non sono abbastanza diplomatica, i miei primi 6 anni nel comparto scuola hanno visto l'avvio di modi di comunicazione sempre più immediati e invadenti e ho paura di me stessa. So di non poter resistere al richiamo del lato oscuro della Forza, la voglia di entrare nell'arena della polemica diventa fortissima al messaggio n.300 e so che cederei. Ho un brutto carattere, da sempre, ci tengo molto e sono troppo vecchia per diventare mite. Ad oggi guardo mamme (poche e selezionate) di cui ammiro la capacità zen, l’attitudine alla gestione del contraddittorio di massa, la tenacia con cui in gruppo risolvono cause che il singolo non avrebbe la forza e i numeri per contrastare...questa stessa forza ha un lato oscuro che tende spesso a prevalere

Al momento credo che resterò nell'ombra, manderò avanti un mio Avatar per testare il terreno per evitare di cadere nel tranello della vis polemica delle MAMME.

A me piace ancora tanto essere MAMMA

lunedì 19 gennaio 2015

La guerra delle grucce

In queste ultime settimane sto facendo la massaia a tempo pieno, la mamma a tempo pieno, l'impiegata a tempo pieno e ovviamente la moglie a tempo parziale (pechè qualcuno deve pur avere pazienza). L'agenda più complessa è quella della casa e delle sue necessità e soprattutto dei suoi bizzarri abitanti. Quando tutti gli umani escono, la casa prende vita - ne sono fermamente convinta - e mentre i calzini vivono una vita infelice, le grucce esprimono una gioia di vivere da cui dovremmo tutti imparare. I calzini si perdono anche se li moltiplichi, gli appendini si moltiplicano anche se li perdi. I calzini si amano ma si lasciano, gli appendini si attanagliano e non si lasciano più.

Gli appendini (grucce, omini, appendiabiti che dir si voglia) sono dissacranti abitanti dei nostri armadi, naturalmente ribelli all'autorità costituita. Un esercito, una falange, una pianta infestante. Si riproducono per partenogenesi in zilioni di esemplari e infestano la casa strangolandola come un’edera. Non si possono sterminare con una spruzzata di veleno, ne basta uno solo nascosto in fondo all'armadio perché in breve si ricrei una massa incomprimibile. 

La guerra contro gli appendini è una mia personale paranoia (tra le tante): voglio un armadio ordinato e immobile come quelli delle riviste e invece è caotico e ribelle per colpa degli appendini! Atteso che potrei usare la mia energia per altre battaglie mi pareva che questa, essendo rivolta a soggetti passivi fosse una vittoria facile. Illusa!

Io sono una e loro sono miliardi e indistruttibili: plastica, legno, ferro - quelli della tintoria che si mimetizzano pensando di passare inosservati - giganti, enormi moloch da armadio o minuscoli e sfuggenti. Da uomo, da donna, da bambino (e ovviamente bambina), imbottiti, di velluto e anche profumati, e anche verticali, con il manico per il bastone alto (ereditati dalla casa dei nonni, in legno, lavorati...praticamente pezzi d’antiquariato), con le spalle preformate da giocatore di rugby, da gonna, da pantalone, da giacca etc, ma i peggiori sono quelli umilianti: da donna grassa e da donna magra, irriverenti!

Sono miliardi e tutti diversi, metterli vicini è un’opera da artista astratto o un dispetto orrendo, si incastrano uno con l’altro e mentre cerchi di dividerli…si sono moltiplicati!

Ammetto la mia psicosi: li odio tutti.

Quando ho avuto il comando su un armadio vergine tutto mio, li ho comprati tutti uguali rigorosamente in legno scuro. Soldatini allineati e coperti perfettamente in ordine e mi sono divertita a vestirli uno per uno. La mia soddisfazione è stata la miccia che li ha accesi. Da quel momento è la ribellione è stata aspra e senza esclusione di colpi, un sabotaggio in piena regola. Sono passati anni, stagioni, cambi degli armadi e anche un trasloco, i miei omini originali sono scomparsi, smaterializzati nell’iperspazio, sono stati scardinati da un esercito di infiltrati variopinti e fastidiosamente disordinati.

Eppure:
-       rifiuto con orrore l’offerta delle solerti commesse di lasciarmi quello del negozio
-       restituisco con ossessiva cadenza quelli della tintoria
-       ogni stagione riprovo a reclutare un nuovo esercito di cloni
-       compro con metodica pazienza omini nuovi  (ossessivamente tutti uguali)

Ad aprile riassetto e riorganizzo il guardaroba in ordine preciso e teutonico con omini tutti uguali e gli infiltrati li butto, per certezza. A Ottobre nell’anta estiva trovo un coacervo di grucce clandestine senza passaporto. Come è successo? Chi li ha fatti entrare?

Avevo trovato un covo di omini abbandonati nello sgabuzzino, in un sacchetto dimenticato e sommerso da altre cianfrusaglie e l’ho anche buttato così com’era. Ieri sera ho trovato nello stesso sgabuzzino e nello stesso posto un nuovo sacco pieno Questa è la dimostrazione che loro si riproducono e che la casa vive di vita proprio e aliena.

Mi chiamo mammamedia 2.0, comandante di un esercito di bambini e dei loro accessori, generale delle legioni della lavatrice, serva leale della lavastoviglie a cui devo la mia libertà. Madre di due nani zozzoni e indomiti, moglie di un maschio italico medio - quindi inutile - e avrò la mia vendetta sugli omini,  in questa vita...per forza. Nelle ante del mio armadio non c'è democrazia.

E' la mia zona d'ombra.

Al netto della mia battaglia semestrale ho un dubbio: non è che forse con gli appendini valgono le stesse logiche pedagogiche da genitore? Invece della repressione, comprensione e dialogo per ottenere più collaborazione, indifferenza per placare la rivolta…non guardarli, dargli importanza, non comprare quelli più belli con cui fare paragoni umilianti. Forse dovrei accogliere e comprendere sperando che prendano la loro strada e se ne vadano a infestare un'altra casa e un'altra massaia disturbata come me.

Siamo a metà stagione, tra qualche settimana la prova della verità….

mercoledì 14 gennaio 2015

In verità ti dico...

In una tranquilla serata da ragazzopadre (mentre la sottoscritta gozzovigliava con le amiche), durante la cena Micro si alza in piedi sulla sua sedia e annuncia assertiva e imperiale:
“Tu non sei il mio papà, sei SOLO il papà di Mini”

“Oh bella!” esclama il basito genitore, incapace di scegliere un pensiero fra i tanti e domanda cautamente: "E chi sarebbe il tuo papà?”

“Non te lo dico...” insiste la piccola imperatrice sempre più imperiosa nella sua affermazione, lasciando il ragazzopadre sempre più perplesso e aprendo una ridda di scenari tra il serio e il faceto.

[…pausa con effetto suspance...]

“...e non lo dico nemmeno alla mamma!” conclude vittoriosa la MiniAttila che vive a casa nostra, alta meno di un metro, con le mani sui fianchi e lo sguardo imperioso come il nome che porta.

Noi genitori - solidi nelle nostre certezze - abbiamo provato a lasciare cadere la delicata questione della sua provenienza, sperando se ne dimenticasse ma così non fu e la piccola malefica romanziera è tornata presto all'attacco dipanando una storia famigliare di fronte a cui il Libro Cuore è una raccolta di comics ma soprattutto sarebbe di grande interesse per i servizi sociali della zona.

Dunque vediamo:

Il suo vero padre si chiama “Telone”, “papàTelone” per l’esattezza, ed è Dottore in un circo spagnolo in giro per il mondo. Sua madre si chiama "Bea", “mammaBea”, anche lei Dottoressa del circo, che al momento vive a Londra con la sorellina, la “piccolaBea”. Quando sono a Milano abitano in Via Frua (chi conosce la zona a questo punto avrà pensato..."però!"), in una casa molto grande in cui possiamo andare anche noi ("se vogliamo") – “ma non adesso perché i suoi genitori non ci sono”.
Al momento il circo è in giro per il mondo e Micro non ha potuto seguire la tournè perché ha “delle cose importanti da fare a Milano”, motivo per il quale è ospite a casa nostra; va da sè che quando torneranno i suoi genitori andrà con loro in Via Frua e noi potremo andare a trovarla.

E fin qui è decisamente inquietante ma in realtà non è tutto, questo romanzo d'appendice si aggiunge al fatto che da più di un anno nella sua pancia vivono: una bambina di nome Giulia - che ha recentemente compiuto 6 anni - con la quale tutti noi siamo chiamati ad avere una relazione amicale e/o genitoriale con lei: sgridala è monella, ha la tosse, vuole un cioccolatino, non le piace la pasta... e da una settimana anche Ciro – il fratello di Giulia! No comment.

E se fin qui la storia strappa sorrisi a metà tra l’ammirazione incondizionata per la fervida fantasia e la scelta degli amici immaginari e lo stupore sospeso per il percorso complesso e arzigogolato con il quale ha costruito personaggi e luoghi, lei - parafrasando Rostand - in fin della licenza…lei tocca:

Liguria, ristorante mediamente popolato: “Eccolo, lui è il mio papà…guardate, lui è il papà Telone” – gelo al nostro e al tavolo dei nostri vicini con seguente risatina isterica degli astanti.
Lombardia, pianerottolo di casa con rimbombo nella tromba delle scale: “Micro, hai salutato il papà?” “Quello non è il mio papà, è il papà di Mini!”

Standing ovation

Quando tutta questa bolla si sgonfierà e lei non ricorderà di aver mai avuto personaggi immaginari popolare la sua testa e la sua pancia sarà diventata grande e noiosa come tutte le femmine ma fino ad allora tutti noi non vediamo l'ora di tornare a casa per ascoltare le ultime avventure di questa sua bizzarra para-famiglia.

to be continued...